Eventi in zona

domenica 12 settembre 2010

Fischi e fiaschi

Grande clamore, hanno suscitato le contestazioni subite dal presidente del Senato Schifani e dal segretario nazionale della Cisl Bonanni entrambi invitati alla festa del Pd.

La prima considerazione che ne ricavo è che la cronaca di questi fatti ha prevalso sui contenuti, sugli obiettivi politici della festa; se così è, forse va ripensato il suo modello.

Gli episodi hanno, seppur con toni diversi, provocato reazioni di unanime condanna.

Ciò che stupisce, è lo stupore mostrato dai padroni di casa: le contestazioni non se le aspettavano proprio.

Chiarito che la violenza va in ogni caso ripudiata, che l’intolleranza va censurata, i segnali premonitori di un disagio crescente ci sono, eccome: non ci si può consolare dicendo che sono state frange violente, antidemocratiche, oppure gruppi semplicemente intolleranti; bisognerebbe chiedersi se il dissenso ha qualche ragion d’essere.

Quegli episodi, a mio parere, sono una delle espressioni della rabbia, della disperazione che spinge operai a salire sui tetti, relegarsi su di un’isola, bloccare strade e aeroporti: obbliga precari e insegnanti a manifestare dinanzi alle sedi delle istituzioni.

Certo, se si guarda ai singoli avvenimenti, paiono le azioni di pochi; ma quei frammenti di dissenso e di lotta, disposti l’uno accanto all’altro, mostrano ansie e preoccupazioni comuni che hanno la necessità di trasformarsi in notizia, perché è nella loro diffusione ampia e continua, che scorgono l’unica arma in grado di condizionare controparti che hanno invece l’interesse opposto.

Come dire: se non c’è la notizia, il problema non sussiste.

Questo modo innovativo dell’agire dei lavoratori dipendenti o autonomi, nasce dalla scarsa fiducia che ormai nutrono per gran parte di quei sindacati e partiti che in passato li avevano rappresentati e difesi.

Confidando in questo scollamento, Fiat e Federmeccanica disdettano, con la complicità di alcuni sindacati e il sostegno del governo, i riferimenti contrattuali esistenti.

Quando un sindacato chiede il rinnovo del contratto di lavoro, lo fa per migliorarlo a favore dei dipendenti, quando il sindacato delle imprese disdice la formula contrattuale in vigore, lo fa per favorire l’impresa a scapito dei dipendenti.

Se questo è il ruolo delle parti, la Cgil, che si oppone all’erosione dei diritti e delle garanzie, fa il proprio mestiere. Questo la costringe, in perfetta solitudine, a difendersi dagli attacchi degli industriali, degli altri sindacati, (Bonanni in primo luogo), e dal ministro del lavoro.

In una situazione così configurata, è facile capire le ragioni di chi sceglie forme di lotta così estreme per creare la notizia, sfrutta ogni occasione per far sentire la propria voce.

Quando gli interessi delle parti sociali sono così visibilmente contrapposti, esaurita la fase degli auspici, un partito deve scegliere da quale parte stare e quali interessi rappresentare.

Per un partito che ha origini popolari, la scelta non può che essere a favore della parte più debole: il lavoro dipendente e la piccola impresa.

Insultare e intimidire gli ospiti non é giusto, non si fa; ma siamo in molti a chiederci con quali criteri siano scelti gli ospiti e quanto giovano gli inviti a taluni politici e sindacalisti.

Se facessimo scelte ben definite, (in tutti i settori), udiremmo probabilmente
meno fischi, collezioneremmo meno fiaschi, procederemmo a meglio motivare iscritti e militanti.

Lo stare in mezzo al guado rafforza invece l’idea che il partito è paralizzato dalle beghe interne, incapace di opporsi alla decadenza economica, culturale e politica in atto.

Comportamenti coerenti, un’identità ben definita, unità d’intenti, di questo ha bisogno oggi l’elettore, non di essere sommerso dal dibattito e dai veti incrociati sulle alleanze.

Non ci si può riconoscere a lungo in un partito che non c’è.

Battista Olivetti